Siamo abituati a pensare che i prodotti biotech causino danni a noi e all’ambiente, che siano il frutto dell’indebita intromissione dell’uomo in uno dei meccanismi più delicati della natura, quello che determina la nascita e lo sviluppo degli organismi viventi. Definiamo questi prodotti in modo improprio come «geneticamente modificati», anche se presentano variazioni minime rispetto agli organismi di partenza e se il nome corretto della nuova biotecnologia è gene-splicing. Pretendiamo di poter controllare ciò che acquistiamo, da quando nasce a quando viene consumato, attraverso tutte le fasi del suo sviluppo, mediante un rigido sistema di etichettatura. Ma non vogliamo riconoscere cosa si nasconde veramente dietro l’ostruzionismo propagandistico che alcuni attivisti – sfruttando la connivenza interessata dei media – oppongono da anni alle biotecnologie.
Prigionieri di un retaggio naturalistico in larga misura mitologico, di fatto continuiamo a favorire il protezionismo commerciale dell’Unione Europea nei confronti di USA, Canada, Argentina, Cina e altri Stati, e soprattutto a impedire che i paesi in via di sviluppo beneficino di colture più resistenti, che contribuirebbero a limitare la carenza di risorse alimentari che li affligge. Come se non sapessimo che è da quando esiste l’agricoltura che incrociamo organismi diversi per ottenere varietà migliori, utilizzando tecniche approssimative che «spostano» grandi segmenti di DNA con esiti poco prevedibili. Ma nonostante tutto il credito che – a parole – diamo alla scienza e ai suoi rimedi per migliorare le nostre condizioni di vita, non siamo disposti a crederle quando ci dimostra che il gene-splicing consente di spostare esclusivamente i geni desiderati, controllando i risultati e prevedendo gli effetti sulla salute e sull’ambiente in modo preciso e accurato prima di immettere sul mercato i prodotti così ottenuti.
In questo volume i due autori svolgono un’accurata operazione di «igiene sociale», tesa a dissolvere la ragnatela di pregiudizi che ci impedisce di giudicare obiettivamente il valore scientifico delle biotecnologie e il contributo che possono offrire al nostro benessere. Denunciano gli interessi nascosti dietro il potere e la discrezionalità crescenti dei burocrati e dei regolatori, che rendono la ricerca e lo sviluppo scientifici troppo costosi, facendo dei prodotti gene-spliced un genere di lusso a uso esclusivo di pochi paesi ricchi. Infine, mostrano quanta miopia ci impedisca di considerare nella giusta prospettiva il reale rapporto tra rischi e benefici delle biotecnologie.