Questo stesso testo, su cui Osho basa i suoi discorsi, non è un originale, bensì una elaborazione appositamente composta in un "sutra dei quarantue capitoli" mai esistito in India, e appositamente redatto per introdurre il messaggio del Budda nella Cina dell’imperatore Ming, nel 67 dopo Cristo. Duemilacinquecento anni sono trascorsi da quando il Budda propose un percorso di realizzazione basato sul riconoscimento della propria condizione psicologica e su un lavoro che permette il risveglio dal caos e dalla confusione che tale condizione implica. Ma quella misurazione del tempo sembra vuota di significato: lo scorrere degli anni ha solo reso più evidente il messaggio del Budda.
Il suo dire, infatti: "Il mondo è in fiamme!" nel nostro contesto di vita è un’evidenza con cui fare i conti e di conseguenza le parole e la realtà del Budda sono oggi più che mai attuali e in grado di dare prospettive concrete alla nostra vita. Resta però una complessità di lettura delle trascrizioni dei suoi discorsi, basati su una tradizione orale la cui immediatezza si è persa proprio nella fedeltà dei testi scritti. Osho interviene attualizzando i contenuti, intatti nella loro potenza, la cui trasmissione è resa più comprensibile grazie a un dialogo diretto all’uomo che noi siamo, immerso nella realtà che stiamo vivendo.
Osho spiega di averlo scelto perché contiene, più di altri testi del Budda, un’essenza della sua visione estremamente semplice e diretta. E diretto e immediato è il suo presentare un messaggio perenne di realizzazione, arricchito da un senso dell’umorismo che libera queste parole da quell’alone di austerità che facilmente allontana dalla ricerca del vero, e che purtroppo ha condizionato fortemente il messaggio del Budda in molti Paesi. L’opera si presenta quindi come un primo passo in grado di aiutare a porre le basi di una evoluzione spirituale: un bisogno sempre più sentito da chiunque si trovi a dover nuotare nelle acque sempre più torbide di questo nostro mondo.