La dieta vegetariana, unita a una seria esperienza spirituale, aiuta a mantenere il corpo in salute, a controllare le passioni per indirizzarle a fini elevati, a rendere lucida la mente e potenziare le facoltà intellettive, a elevare e rendere pura la contemplazione nella speranza di ritrovare la strada verso quell’Infinito Creatore che ha pensato l’uomo come essere spirituale e che desidera condividere con lui la Sua stessa natura. La tradizione vegetariana collegata ad un’esperienza di preghiera profonda è universale e antichissima. Gli stessi Padri amavano ricordare e additavano come ammirevoli gli esempi degli antichi filosofi greci, dei sacerdoti egizi, degli asceti indiani o delle comunità essene. Tale scelta, che è comune alla tradizione ebraica come a quella hindu, si affermò infatti sin dalle origini nella mistica cristiana e fu attribuita perfino agli apostoli.
La storia del monachesimo ci mostra come il vegetarianesimo fosse ritenuto indispensabile alla preghiera profonda e contemplativa, divenendo tradizione consolidata in tanti ordini come quello Certosino, Minimo o Trappista. E' veramente sorprendente la quantità di Padri della Chiesa, Dottori e Santi che si attennero a una dieta vegetariana, che la consigliarono con vigore e che spesso furono costretti a difendere strenuamente contro gli oppositori. Tra questi basti ricordare nomi come San Girolamo, Sant’Ambrogio, San Bonaventura da Bagnoregio e San Tommaso d’Aquino. Al contrario di quanto spesso si pensi, le pratiche ascetiche partono di necessità da una valorizzazione del ruolo del corpo «Tempio dello Spirito» e questo viene messo in evidenza dai Padri e da tutti gli autori spirituali. La disciplina dell’alimentazione quindi non era ritenuta un esercizio di automortificazione, ma una pratica intelligente, collegata ad un cammino di crescita spirituale.
Dall'Introduzione
Oggi il termine più diffuso per definire l’esclusione della carne dalle mense è vegetarianesimo. Ma il termine tradizionale per indicare l’esclusione dall’alimentazione della carne e di altri cibi o bevande, è astinenza. La parola latina abstinentia può equivalere al greco xerofagia, che designa una dieta che esclude carne e altri alimenti, privilegiando i cibi ‘secchi’. Un termine analogo è digiuno, che negli autori spirituali può comprendere tutte le forme di restrizione alimentare di carattere ascetico, intendendo talvolta la rinuncia completa al cibo per periodi di un giorno o ancora più lunghi.
Dal Testo
L’esigenza di astenersi da determinati cibi per favorire l’esperienza spirituale è ricorrente in tutte le tradizioni religiose antiche, fatto ben noto ai padri della chiesa che si fecero difensori dell’astinenza dalla carne. I trattati in difesa di questa pratica ascetica, tanto di epoca patristica che medioevale, non mancano mai di citare gli esempi dei filosofi dell’antichità, dei gimnosofisti indiani o degli asceti di altre dottrine. In genere si riportano le testimonianze degli antichi come esempi positivi a cui l’esperienza cristiana può conferire completezza e pienezza. Il vescovo Ambrogio, ricordando che il filosofo stoico Epitteto criticava il cibo smodato per schierarsi in favore di una vita continente, riflette che se la filosofia invitava i filosofi antichi a quel comportamento, la chiesa non può che fare la stessa cosa.
San Girolamo, confutando l’eretico Gioviniano che rifiutava l’astinenza dalla carne, riporta gli esempi di Pitagora, Socrate e Antistene che la praticarono e la raccomandarono. A detta di Origene, era divenuto celebre tra i cristiani il motto del filosofo scettico Sesto Empirico astieniti e sopporta. Clemente Alessandrino si appoggia sull’autorità dei pitagorici per affermare che mangiare carne e bere vino è proprio delle bestie più che dell’uomo. Si potrebbero ricordare molti altri casi tratti dalla letteratura patristica o medioevale (tra i tanti, Sant’Alberto Magno e San Bonaventura da Bagnoregio), che testimoniano come si tratti di un vero e proprio ‘stile’ quello di argomentare a favore dell’astinenza a partire dalle esperienze che hanno preceduto l’avvento del Cristianesimo. Apriamo quindi questo studio con un breve excursus sulle motivazioni all’astinenza nella tradizione greco-romana, senza pretendere di offrirne una trattazione esauriente.