A Tabriz, capitale degli l-khan mongoli, all’estremo occidentale dell’altipiano iranico, alla fine del VII/XIII secolo, i nuovi dominatori - sciamanisti o buddisti - non facevano differenza tra musulmani, cristiani, ebrei. Il Califfato abbaside di Baghdad era caduto nel 1258 e l’ultimo califfo era stato ucciso. Nel 1256 era capitolata anche la fortezza di Alamut, centro visibile del potente Ordine esoterico degli Ismaeliti. Per i cinque secoli successivi, fino al 1817, degli Imam ismaeliti non rimase che qualche nome. E tuttavia, accompagnato da un senso di “fine del mondo”, con la necessità dell’occultamento della propria fede (taqiyya), iniziò la penetrazione delle dottrine dello gnosticismo ismaelita “sotto il mantello” del Sufismo. Questa opera di Shabestar del 1317, una delle più commentate, testimonia il permanere dell’impulso esoterico dell’Islam persiano all’interno del Sufismo e la sua trasformazione “in una religione soterica personale”.