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Vedere non con gli occhi dell’esperienza ma sulla base di un acquisito “vuoto mentale”. Una pura consapevolezza in cui nessun’agitazione può avere ricetto, perché è del tutto assente la scelta o classificazione tra piacevole e spiacevole. Questa è meditazione!
[Brano ripreso dal santuario di Lahiri Mahasaya, maestro di Sri Yukteswar e Paramhansa Yogananda, a Benares].
Bhakti Binod nasce a Roma il 31/1/1940. Laureato in Economia e Commercio, ha lavorato come impiegato statale fino al 1980, quando ha rassegnato le dimissioni per ritirarsi in un eremo spartano ed isolato, nei pressi di Assisi. Dal 1977 (anno in cui, con una scarsa conoscenza dell’inglese, si è avventurato nel grande raduno hindu del Kumbha Mela) al 2009, si è recato regolarmente in India per periodi più o meno lunghi. Lì ha soggiornato soprattutto in ashrams, dedicandosi con fervore alla meditazione e ricercando la stretta vicinanza di grandi santi. L’India che si svela dalle pagine di Verso il darshan, sulle orme di Paramhansa Yogananda, il primo e tuttavia pregnante testo di Bhakti Binod con Viverealtrimenti, non è, vivaddio, quella dei “guru da esportazione” ma di figure cardine della sua cultura tradizionale, alcune delle quali quasi del tutto ignote all’Occidente (è il caso della santa bengalese Ananda Moi Ma, cui l’autore è molto devoto).
Ne emergono l’affresco di un paese e di esperienze interiori che possono rappresentare un interessante bussola per un Occidente quasi del tutto orfano, ormai, di bandoli di senso.
Allo stesso tempo, senza cedere ad acrobatici esotismi, Bhakti Binod, in questo testo, cammina su di un crinale affascinante ed attualissimo: un sincretismo (distante anni luce dalle macedonie spirituali propinate negli ultimi decenni) in cui trovino una comunione profonda l’essenza della tradizione cristiana e di quella hindu; forse una delle possibili ancore di salvezza dall’arretratezza sociale di un’India ancora tragica e mistica e dal vuoto di valori autentici dell’Occidente secolare.
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