L'Autore di quest'opera illustra il valore ermeneutico del senso di ogni meditazione che, per il suo rapporto col mondo vuole che assuma connotazioni alchemiche. È la logica intima e complessa dello Athanor che si desume per interne ma anche esterne ed estreme contemplazioni. La purezza del proprio “Io” informa il corpo della sua caduca presenza.
La preghiera meditante di Grillot de Givry ce lo ricorda. Al di là dell’interesse puramente e formalmente esoterico Le grand oeuvre, pubblicato all’inizio del ‘900, è il testamento spirituale di un uomo che dedicò gran parte della sua vita all’esoterismo e alla sua pregnante iconologia.
Le dodici meditazioni de Le grand oeuvre, legate al cosmico dramma dell’ultima cena per volontaria numerologia, si descrivono come storia cosmologica dell’”Io”. Si tratta di un’”operetta” ritmica, dove il balzo della meditazione ripropone sempre la poesia della metafora del vivere. Le dodici “meditazioni” che in prima traduzione italiana vengono proposte in questa collana si determinano come un classico Rosarium philosophorum: un libro della pietra concepito e vissuto come trascendenza totale. La spiritualità di Grillot de Givry si fa rarefatta spesso nelle meditazioni rispetto alla “corposa” e a volte paradigmatica enigmaticità dell’alchimista classico.
Pure, in questo splendido libro, la meditazione diventa un atto di concentrata preghiera dove l’anima del mondo si confonde con un “Io” che cerca di contemperarne il livello. Il Sole e la Luna alchemici diventano così possibile comprensione orante. Grillot de Givry cerca di osservare in se stesso e invita gli altri a ricordare il proprio corpo di luce e a viverlo con pia consapevolezza.
La nota introduttiva di Giovanni Vannucchi ricorda con affettuoso interesse tutto ciò e propone un’attenta e singolare possibilità meditativa all’uomo contemporaneo che non sia del tutto estraniato dal suo Essere.