E' oggi diventato obbligatorio associare la parola “stress” al medico, scienziato, filosofo prof. Hans Selye che ne ha inventato il concetto.
Specifichiamo: da un punto di vista moderno, perché il concetto era già noto ad Ippocrate, come se ne deduce da una frase parafrasata da William Vayda, psichiatra e scrittore, pioniere della medicina ortomolecolare in Australia, che immagina il medico greco usare la parola inglese: “Lo stress di un uomo è l’estasi di un altro.” Non nel senso “Mors tua vita mea”, non fraintendete, ma nel senso che ciò che è stressante e pesante per uno, può essere leggero e divertente per un altro, anche se il risultato fisico non cambia, poiché anche l’estasi non è altro che un tipo di stress di colore e sapore diverso!
A meno che invece l’evento che per un altro sarebbe un micidiale stress procuri a voi invece che estasi una totale indifferenza, come nel caso che viene portato come esempio da Hippocrates Vayda, scusate, William Vayda . . . quando parla dell’ipotesi della morte di un cagnolino di una anziana signora che vive sola e che potrebbe subire un infarto per un evento che lascerebbe freddi e indifferenti degli estranei indaffarati in ben altre faccende.
In un’altra parafrasi Vayda sentenzia: “Il cibo di un uomo può essere il veleno di un altro.”
Certo, in determinati casi può essere così, ma in linea di massima, anche in caso di mitridatismo, che dimostra la nostra elastica capacità di tolleranza, pane e mercurio non è la stessa cosa che pane e cacio! Il fenomeno del mitridatismo allude alla tolleranza acquisita da certi re (come Mitridate), che per paura di essere avvelenati assumevano un po’ di veleno al giorno per non subire un colpo mortale in caso di avvelenamento: in effetti il corpo si può assuefare, abituare sia a resistere a particolari agenti fisici (pressione, temperatura) oltre quel limite superato il quale penserebbe di morire di freddo o di fame, sia a metabolizzare con maggiore abilità eventuali agenti chimici come arsenico, mercurio, cercando di ostacolarne la penetrazione nei limiti del possibile con alterazioni e trasformazioni degli epiteli di assorbimento o comunque ricorrendo a tecniche straordinarie di eliminazione.