La sera del 12 dicembre 1969 un uomo varca il portone della Questura di Milano. L’uomo, Giuseppe Pinelli, anarchico, ferroviere, deve essere interrogato riguardo un gruppuscolo ai margini della galassia anarchica, il “Circolo xxii Marzo”, capeggiato da un ballerino, Pietro Valpreda. In quel plumbeo giorno di dicembre, un massacro ha insanguinato Milano e atterrito l’Italia per la bomba esplosa alla Banca Nazionale dell’Agricoltura in piazza Fontana: 17 morti, 80 feriti. A rileggere oggi questo libro, quarant’anni dopo, che assomma gran parte di Pinelli: un suicidio di Stato a due capitoli di La politica della strage, non viene voglia di aggiungere o cambiare nulla, la ricostruzione resta ancora del tutto convincente, ma, ed è quel che più sorprende, anche la chiave di lettura non è invecchiata, perché, nonostante la passione e la militanza, più che l’ideologia valse già allora il desiderio di verità...