Per la loro rilevanza sociale e politica e per il fatto che l’Italia risulta tra i primi dieci esportatori mondiali di piccole armi, esse meritano un’attenzione particolare, uno sguardo approfondito sulle tecniche di produzione, sul mercato “legale” – che comprende sia il comparto sportivo che quello militare e della sicurezza personale – e anche sull’ampia circolazione “illegale” delle armi leggere. Le armi leggere (small arms and light weapons, SALW nella definizione adottata dagli organismi internazionali) sono da anni al centro del dibattito politico e della riflessione etica: prima bersaglio del movimento contro la caccia, poi indicate come strumenti devastanti nelle mani di miliziani e ribelli che si sono macchiati di genocidi e crimini contro l’umanità, infine tra le cause che nelle periferie e nelle metropoli di tutto il mondo portano a registrare 1000 morti al giorno per armi da fuoco. Noto soprattutto per i suoi fucili da caccia e da tiro sportivo, il distretto armiero bresciano-gardonese non è solo la principale area produttiva delle small arms made in Italy, ma anche uno dei più competitivi centri industriali d’Europa per la produzione di armi leggere militari, adottate dalle forze armate e dell’ordine italiane e anche scelte per la loro affidabilità dagli eserciti di mezzo mondo, a cominciare da quello statunitense, che ha optato per la pistola Beretta sin dal 1985.