In tempi irrimediabilmente contrassegnati dalla "fine" del Viaggio e dall'inizio dell'era della Vacanza; in cui stagioni, luoghi, circostanze, appaiono drasticamente predisposti, e dove l'orizzonte di attesa e il senso della scoperta invertiti di segno vivono l'addomesticamento inevitabile di ciò che nasce pre-confezionato e pre-scelto, il libro di Alexandra David-Neel, vive e risplende di uno spessore e di una dimensione davvero d'altri tempi.
Perché questa donna audacissima, tibetologa, orientalista, cantante d'opera, giornalista e conferenziera, ma soprattutto fine conoscitrice dell'Insegnamento segreto del buddismo esoterico (tra l'altro come seguace della Teosofia), si fece mendicante e pellegrina in una terra proibita, nell'intento irrinunciabile di traversare il Paese delle Nevi e conoscerne la capitale, Lhasa, allora città preclusa agli stranieri in anni segnati dall'isolamento politico di un Tibet sprofondato nella superstizione, nel degrado istituzionale faticosamente controllato da Thubten Gyatso, il tredicesimo e "ultimo" Dalai Lama.
Migliaia di chilometri accompagnata soltanto dal fedelissimo Yogden, il Lama ventitreenne, figlio adottivo di Alexandra; tre anni di peregrinazioni all'insegna di quella che appare come una triplice trasgressione: alla politica, alla natura, al ruolo e all'identità di donna, a spasso per il mitico ed insondabile Gang Yul, il Paese delle Nevi, "poiché il nome Tibet è sconosciuto ai tibetani".
Il primo entusiasmante, avventurosissimo resoconto di una trilogia di "classici" sul Tibet.