Non appena si lasciano i rassicuranti ormeggi del senso comune, la nozione "realtà" si trasforma in una preda quanto mai sfuggente e insidiosa, alla cui caccia si è avventurato per millenni il pensiero occidentale, ma anche, e in maniera forse ancor più spregiudicata, quello indiano, impegnato fin dagli albori della sua storia a setacciare quanto appare nell’esperienza, alla ricerca di un residuo di indubitabile realtà – distruggendo così ogni facile certezza. In questo libro, che sarebbe assai piaciuto a Borges, Wendy Doniger ci guida attraverso i vertiginosi labirinti di specchi che la mitologia e la narrativa indiana (soprattutto con lo Yogavasistha, immenso e anonimo poema filosofico che compare repentinamente sulla scena nel XII secolo) hanno saputo creare per esemplificare le infinite ambiguità e possibilità di stratificazione dell’illusione.
Storie di sogni condivisi, di mondi paralleli, di allucinazioni annidate l’una nell’altra e metamorfosi visionarie che richiamano alla mente certe incisioni di Escher diventano così oggetto di un’analisi sapiente, grazie alla quale ci vengono svelati i presupposti speculativi di quei racconti, che sono poi messi a confronto con le posizioni occidentali riguardo all’illusione e alla realtà, da Platone a Freud, da Piaget a Popper, a Kuhn, a Polanyi, a Hofstadter, in un vasto e affascinante studio comparativo.