In questo volume oltre alla Cantilene in gelatina, tipico esempio di poesia antipoetica, per la prima volta tradotte in italiano, anche alcune prose che affrontano con estrema impudenza argomenti piuttosto seriosi.
Nello spirito rivoluzionario della miglior tradizione francese, Boris Vian perpetua la serie degli scrittori maledetti, che hanno fatto di quella francese la letteratura più diffidente nei confronti di ogni ordine costituito. Ignorato dalla editoria ufficiale per la sua vena antimilitarista, antirazzista e ferocemente beffarda al limite del demenziale, Vian fu scoperto e amato dai giovani contestatori del ‘68 che videro in lui l'“uomo nuovo” capace di preparare l'avvento di una società governata dall'immigrazione poetica piuttosto che dal profitto.