Finalmente in libreria le memorie di Edie Kerouac-Parker, prima moglie di Jack Kerouac: gli anni giovanili (1940) alla Columbia University di New York che diedero il via alla Beat Generation e molto altro. Un libro che, come accenna il curatore Timothy Moran nell’introduzione, “è il risultato dei tredici anni passati con il bisogno di restituire appena un po’ di quel che Edie era riuscita a darmi. È una promessa che dovevo mantenere, anche se non smetterò mai di pensare che non potrà mai essere abbastanza”. Un vero e proprio ‘labor of love’, dunque, che ha richiesto un paziente lavoro di ricostruzione, svariate revisioni e intere ribattiture su una comune macchina da scrivere. Lo spiega lo stesso Timothy in una ampia intervista apparsa su The Beat Studies Association del College of Wooster, Ohio, nel gennaio scorso, in occasione del lancio del libro in USA, e ripresa recentemente dal londinese Beat Scene Magazine. Eccone di seguito una sintesi, dal complesso processo di messa a punto del libro all’intensità del rapporto personale con Edie.
“Ho ricevuto il manoscritto come un caotico ammasso di pagine dattiloscritte da persone diverse in periodi diversi. Molte sequenze erano sballate, svariate parti si ripetevano più volte, e lo stile lasciava molto a desiderare. In totale superavano le 2.200 pagine. Comprai una scatola di penne colorate e presi a sottolineare quel che mi pareva importante. Una volta finito, battei a macchina tutte le parti scelte e le sistemai in ordine temporale, facendo letteralmente il ‘taglia e incolla’. Poi ribattei il tutto a macchina, processo che mi trovai a ripetere altre volte (non avevo un computer all’epoca) fino a quando mi sembrò di avere davanti una versione ben fatta, rivedendo al meglio grammatica, punteggiatura, etc. Introduzione e postfazione vennero aggiunte in seguito, su insistenza del mio agente, Sterling Lord.
Punto importante è che, pur essendo Edie una persona affascinante in quanto tale, indipendentemente da qualsiasi relazione con Jack e i legami con i Beats, gli editori erano interessati unicamente alla sua vita in rapporto a quelle persone e situazioni. Nello scrivere le memorie, lei raccontò tutta la sua vita. Ma i numerosi dinieghi che ricevette dai vari editori ripetevano la stessa cosa: c’è una storia importante qui dentro da raccontare, ma non vogliamo perdere tempo a tirarla fuori. Edie si rifiutò sempre di ricavarci solo quel che interessava gli editori e la cosa finiva lì. Il manoscritto originale includeva molti dettagli affascinanti su Edie e la sua vita, ma li ho tagliati in gran parte perchè ciò aveva già causato i rifuti degli editori. I quali non erano interessati a “lei” in quanto tale ma soltanto alla sua presenza in relazione a Jack.
In ogni caso, spero che un giorno la gente capirà l’importanza di raccontare e leggere la vita di Edie, e spero che ‘You’ll Be Okay’ provochi nei lettori maggior curiosità e la voglia di saperne di più. Forse potrebbe interessare descrfivere la mia relazione non solo con Edie, ma anche con Henri Cru e Herbert Huncke. Una volta tornato a New York, abitai per qualceh tempo con Henri nel suo appartamento al Greenwich Village. All’inizio degli anni ‘90 vissi per parecchi anni al Chelsea Hotel e mi presi cura di Huncke negli ultimi suoi tre anni di vita. Ebbi relazioni assai profonde con tutti e tre, e credo parecchia gente avrebbe molto da imparare da loro. In un certo senso, lavorare al libro di Edie è stato il prosieguo della nostra amicizia. Forse più accuratamente, un’altra fase. Simili relazioni non hanno mai fine. Quando sei vicino a qualcuno, tale vicinanza non sparisce con la morte: prosegue per sempre nei pensieri, ricordi, influenze di chi rimane - senza diminuire affatto in intensità, anzi probabilmente con una presenza ancora maggiore, perché spesso è la morte di una persona cara a rivelartene l’importanza. La mia fedeltà a Edie trova radici nel suo amore incondizionato per me e la sua devozione nel tirar fuori da me quelle caratteristiche che non avevo mai considerato.”