Cristina Campo dice di se stessa: «Ha scritto poco e le piacerebbe avere scritto meno». Quel poco è quasi tutto raccolto in questo libro e imporrà una constatazione a ogni lettore percettivo: queste pagine appartengono a quanto di più bello si sia mostrato in prosa italiana negli ultimi cinquant’anni. Cristina Campo era un’imperdonabile, nel senso che la parola ha nel saggio che dà il titolo a questo libro: come Marianne Moore, come Hofmannsthal, come Benn, come la Weil, aveva la «passione della perfezione». Non altrimenti avrebbe potuto scrivere le pagine che qui si leggono su Chopin o sulla fiaba, sulle Mille e una notte o sul linguaggio.
«Saluto una sapienza oggi fra le più strane» ha scritto Ceronetti, una volta, della Campo. Forse è venuto il tempo perché i lettori si accorgano che in Italia, in mezzo a tanti promotori delle proprie mediocrità, è vissuta anche questa «trappista della perfezione». Cristina Campo (1924-1977) pubblicò in vita soltanto due piccoli libri: Fiaba e mistero (1962) e Il flauto e il tappeto (1971), che si ritrovano interamente in questa raccolta, insieme con i saggi che precedevano le sue magistrali versioni poetiche da John Donne e W.C. Williams e con altri suoi scritti mai prima d’ora raccolti in volume.