I paesi industrializzati del Nord del mondo hanno contratto un debito ecologico insostenibile nei confronti dei Paesi poveri, depredandoli da secoli delle loro risorse naturali e utilizzandoli attualmente come pattumiere di rifiuti tossici di tutti i tipi. L’enorme danno ambientale causato dallo sfruttamento del sottosuolo, della terra, delle foreste, delle aree fluviali e marine, la contaminazione dell’acqua e dell’aria con conseguenze disastrose per la salute di intere popolazioni, superano di gran lunga, in termini economici, il debito estero dei paesi del Sud. La biopirateria, cioè l’utilizzo non retribuito delle conoscenze agricole di sementi e piante medicinali delle popolazioni indigene, è una parola di recente coniazione per definire l’espropriazione di antichi saperi iniziata in epoca coloniale. A livello internazionale non è ancora stato riconosciuto che lo sfruttamento indiscriminato della natura è una delle conseguenze di un sistema economico orientato al profitto e contrario ai diritti umani.
La dimensione umana è profondamente collegata al tema ambientale poiché l’ecosistema è la casa di tutti i popoli e di tutte le generazioni senza esclusione di nessuno. Il riconoscimento del concetto di debito ecologico è un passo necessario per ripensare e regolamentare, prima che sia troppo tardi, meccanismi che rischiano di compromettere il futuro dell’intera umanità.