Questa autobiografia della scrittrice sudafricana Sindiwe Magona, scritta in forma di lettera indirizzata ‘ai figli dei miei figli’ da parte di una nonna Xhosa affinché non dimentichino la loro storia, racconta i primi ventitré anni di vita della sua autrice (nata nel 1943) nel Sud Africa dell’apartheid.
Magona ricorda gli anni felici dell’infanzia e quelli progressivamente sempre più grigi e difficili della adolescenza e della prima giovinezza, anni segnati da una situazione politica scandita dal progressivo inasprirsi di leggi che restringono e condizionano la vita degli africani, rendendo loro del tutto impossibili condizioni di vita appena dignitose.
Eppure, a dispetto di tutto, e senza mai indulgere nell’autocommiserazione, Magona ci consegna il racconto di una vita fatta di studio e di lavoro, di maternità fortemente volute e di una tenace determinazione che la porterà dalle baraccopoli di Città del Capo a ricoprire il ruolo di bibliotecaria presso le Nazioni Unite. Una vita difficile ma rischiarata da ampi sprazzi di ironia e allegria, da solidarietà femminili condivise e da una incrollabile fiducia nella vita e nel futuro.