La prima traduzione dell’edizione integrale di un testo che ha sempre aleggiato come oggetto di culto, senza essere davvero letto. Uscita a Città del Messico nel 1943, in tempi di guerra che per Caillois coincisero con l’esilio in Argentina, questa raccolta di saggi ebbe l’anno successivo una ristampa marsigliese amputata di più della metà, e circolò mutila.
A distanza di oltre sessant’anni, il pensiero che vi si esprime è ancora sonante. Oltranza, paradosso ed enigmaticità non nascono solo dagli incroci disciplinari, allora inusitati, tra sociologia, antropologia, filosofia e teoria politica, ma sono la cifra stessa di una riflessione inclassificabile che ci interpella con immutata radicalità, chiamandoci a decifrare il suo sillabario concettuale costruito su ordine, segreto, vertigine, sacro.
Nel momento della mattanza, dell’antagonismo frontale e mortale tra democrazia e nazifascismo, Caillois non distoglie lo sguardo dalle debolezze e dai luoghi comuni della prima, e ne sottopone i princìpi a critica radente.
Ai suoi occhi fascismo nazionalistico e democrazia universalistica sono in un certo senso accomunabili, al punto che uno si riduce a una «variante patologica» dell’altra. Il vero scarto da entrambi, dai loro difetti e dalla loro distruttività, sarebbe costituito da un regime di «gerarchia degli esseri» fondato sull’eccellenza spirituale e le virtù individuali.
È l’ideale «aristocratico» di una comunità di eletti in grado di instaurare un ordine insieme più universale della democrazia e più antiugualitario dei fascismi, e capace di un’ultima, spiazzante mossa utopica: l'identificazione possibile con il comunismo