(2 volumi in cofanetto).Il Brahmasutra è una delle "fonti" del Vedanta insieme alle Upanisad e alla Bhagavadgita. L'Autore, Badarayana-Vyasa, prende in esame i passi più significativi delle Upanisad con l'intento di mostare come un motivo conduttore unico le pervada. La sua struttura estrememente sintetica impedisce di fatto l'intelligibilità dell'opera: da qui i Commenti che sono stati fatti da varie scuole e posizioni filosofiche anche contrastanti. Sankara lo ha commentato dalla prospettiva Advaita e da tale prospettiva, essenzialmente metafisica, le apparenti contraddizioni, che da un approccio monisrico o dualistico, oppure da una lettura semplicemente letterale, emergono tra le affermazioni delle Upanisad scompaiono per svelare l'intrinseca unità della visione upanisciadica della Realtà.
<< Sembra che l'intenzione di Badarayana fosse quella di giungere a fissare definitivamente una dottrina, riassumendo e spiegando le teorie elaborate fino ad allora: questa dottrina avrebbe riconosciuto il brahma come causa materiale ed efficiente di tutto ciò che esiste e come primo fondamento delle anime individuali.>> (H. Von Glasenapp in "Filosofia dell'India")
Quest'opera è conosciuta anche sotto altri nomi: Vedanta-sutra poiché rappresenta dopo le Upanisad il testo fondamentale dell'esegesi vedantica; Sarirakamimamsasutra, poichè tratta del Sé assoluto (atman) nel suo aspetto manifesto in quanto associato all'espressione vivente (jivatman); Bhiksusutra, in quanto i qualificati per eccellenza a studiarlo sono i rinunciatari; Uttaramimamsasutra, perché condensa il risultato finale dell'investigazione condotta sulla parte conclusiva dei Veda ed esprime la sintesi di tutto l'insegnamento contenuto nella Sruti.
Il Brahmasutra espone i concetti basilari del Vedanta estrapolati dalle Upanisad rispettando una successione rigorosamente logica. In sostanza esso consiste in una serie di asserzioni filosofiche, espresse sinteticamente in forma aforistica, tratte più o meno direttamente dalle sentenze (vakya) delle Scritture.
Nel testo sono esaminate diverse concezioni filosofiche o darsana, talvolta confermate, rettificate, talvolta confutate; tuttavia in questo non c'è esclusività, parzialità o incoerenza. Il Vedanta non intende contrapporsi agli altri darsana (scuole filosofiche o punti di vista dottrinali) ma, rendendo ragione del loro stesso essere come vedute particolari, intende solo demolire le interpretazioni improprie, quelle cioè che conferiscono arbitrariamente il ruolo di concezioni totali a semplici prospettive parziali.
Il Vedanta, sebbene considerato uno dei sei darsana ortodossi, si situa su un piano superiore perché, delineando la Realtà senza secondo, include ogni possibile punto di vista. In altre parole, risolvendo la molteplicità nella Non-dualità , la visione Advaita si libera da ogni vincolo empirico, limitazione concettuale e pregiudizio dogmatico e, dichiarando l'evidenza e l'immediatezza della Conoscenza come, del resto, l'assenza di relazione o contatto per l'Assoluto Brahman "... si pone al di sopra di ogni possibile opposizione e contraddizione"; pertanto si rivela come quella visione di sintesi in cui tutte le altre concezioni trovano compimento e ragion d'essere, collocandosi in una prospettiva che trascende le altre ma che, al tempo stesso, tutte le abbraccia e risolve in sé.
Il testo del Brahmasutra è ripartito in quattro Capitoli (adhyaya), ognuno dei quali consta di quattro Parti (pada); ogni Parte raggruppa un certo numero di Proposizione (adhikarana) consistenti in uno o più Aforismi (sutra). Ogni Proposizione tratta una questione specifica intorno all'interpretazione di taluni passi scritturali, sia della Sruti sia della Smrti sia di altre fonti. In base la commento di Sankara il numero totale delle delle Proposizioni è 192 e quello degli Aforismi 555.
Il Primo Capitolo tratta della "Concordanza" (samanvaya) effettivamente esistente tra le sentenze delle Upanisad sebbene si presentino in apparenza discordanti. Infatti, benchè possano apparire affatto differenti nel significato, invece, qualora interpretate alla luce della Non-dualità, rivelano tutte, senza eccezione alcuna, un unico senso.
Nel Secondo Capitolo, intitolato "Assenza di contraddizione" (avirodha), si esaminano le obiezioni che possono essere sollevate contro il Vedanta da avversari che si basano su alcune interpretazioni dei darsana dimostrando che, in realtà, non esite alcuna contraddittorietà tra questo e quelle teorie che con esso si pongono apparentemente in contrasto.
Nel terzo capitolo del Brahmasutra si prende in considearzione ciò che, secondo la Tradizione vedantica, costituisce un "Mezzo" di liberazione (sadhana). Si esaminano diverse questioni in merito alla natura della coscienza individuata e al suo destino trasmigratorio, in merito alla realizzazione dopo la morte fisica, ecc. Si parla inotre del possesso o meno di attributi da parte della Realtà e dell'assenza di qualsiasi relazione nello stato di Liberazione - cioè nell'autentica realizzazione coscienziale del Senza secondo - quantunque questa possa essere conseguita attraverso l'impiego di taluni mezzi di conoscenza.
Il Quarto e ultimo Capitolo del Brahmasutra concerne il "Frutto" (phala). Si parla sommariamente delle pratiche ascetiche, meditative, ecc anche in riferimento a quanto già esposto; quindi si esamina il processo di riassorbimento delle delle funzionalità organiche come propaggini coscienziali. Vengono presentate poi le due vie, quella degli Avi e quella degli Dei, se ne chiarisce la distinzione e si spiegano le rispettive modalità. Infine viene approfondito l'argomento della Liberazione totale conseguente alla realizzazione del Nirguna.
Sebbene non sia il primo in ordine di tempo, il commento Sankariano è tuttavia il più noto, chiaro e profondo. Sankara redige il suo Bhasya (commento) volgendosi a un fine non solamente intellettualistico o speculativo, ma essenzialmente realizzativo. Egli non propone astrusi ragionamenti o raffinati sofismi, ma, anche avvalendosi, se necessario, di una logica adamantina, prospetta pure e incontrovertibili sentenze. Del resto la realizzazione è una "presa di coscienza" e non il risultato di ardite elucubrazioni teoretiche; non è qualcosa di estraneo da acquisire - noi siamo il Brahman o Quello - ma la nostra essenza più profonda o vera natura da riconoscere, la propria essenza da svelare. Per il Conoscitore, la Conoscenza è pura evidenza.
(dove non indicato diversamente, l'articolo è tratto e adattato dalla Prefazione al Brahmasutra del Gruppo Kevala, Ed. AsramVidya)