Il primo scritto, La biblioteca del maharaja, appartiene alla «trilogia indiana», con India (1934) e Diario d'India (1935). I testi, di carattere prevalentemente diaristico, risalgono al 1928, 1929 e 1933. Il poco più che ventenne Eliade giunge in India passando per l'Egitto, il Mar Rosso, Ceylon.
Dal cielo del Mediterraneo che risplende su Alessandria e sul Cairo alla desolazione rotta dal «passo ammaliante» dei cammelli, dal campione di umanità che offre la traversata in terza classe all'eden cingalese che stordisce con l'odore «selvaggiamente crudo, intenso, violento» delle sue foreste, fino all'India intemporale, il libro si costruisce attraverso sottili notazioni d'ambiente e prendono talora - è il caso del processo a Gandhi - la forma del reportage.
In brevi pensieri a margine si annuncia poi la grandezza del futuro storico delle religioni: come nel rifiuto di ogni tentativo «mondano» di conciliarle con i tempi, di addolcire quell'aspetto «assurdo, grottesco, barbaro, insopportabile, umiliante» che le rende incomprensibili a molti.
Nel secondo testo, Soliloqui (1932), un pensiero monologante, « nato e organizzato in solitudine», continua a riflettere su questioni religiose o non lontane dalla sfera religiosa: eroismo e ascesi, paradosso e verità, origini e radici.