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Prima rivista ecologista in ordine di tempo, l'Ecologist è oggi l'unica al mondo pubblicata in più lingue (inglese, francese, spagnolo, portoghese, arabo) e con sette diverse redazioni in altrettanti paesi: Inghilterra, India, Nuova Zelanda, Francia, Spagna, Brasile, Libano. Ogni redazione è totalmente autonoma e decide la periodicità, il formato, gli articoli, la grafica, la distribuzione, l'eventuale pubblicità, ma tutte possono attingere liberamente al lavoro delle riviste sorelle, ciascuna delle quali mescola a suo modo le parti internazionali con quelle locali. L'Ecologist italiano esce come librorivista monografica con un'attenzione particolare, anche attraverso ricerche scientifiche, a raccogliere e diffondere conoscenze utili ad una politica di medicazione delle piaghe della società e della natura.
La pubblicazione dell'Ecologist porta in Italia una visione finora emarginata nel nostro dibattito sull'ambiente, quella che si basa su un'idea di natura vicina alle religioni tradizionali e ai popoli indigeni. Un giorno, incontrandolo per la strada, il prof. Paolo Grossi, famoso giurista di diritti collettivi e usi civici (quelli violati con le privatizzazioni delle acque e coi brevetti sugli organismi viventi), buttò là questa frase: «Attenzione: la natura degli usi civici è quella della rivelazione». Fu come se si spalancasse una finestra, capii la difficoltà di cambiare i comportamenti finché si resta imprigionati in una concezione scientifica della natura. Tutte le religioni, dalle rivelate alle naturali, come quelle degli indiani d'America o degli aborigeni australiani, hanno una fondamentale riverenza per la creazione come messaggio spirituale.
Per la tradizione cattolica la natura, come concepita dalla rivelazione, ha una funzione morale di guida alle buone opere perciò non può essere soppiantata da un ambiente artificiale inventato dagli "esperti". Il messaggio di fraternità lanciato dal Vangelo e obbedito sine glossa da san Francesco comprende nell'uomo anche la natura creata attraverso il Figlio, fulcro della fede cristiana. La cultura scientifica, instauratasi in Occidente dal Seicento in poi e che oggi occupa gran parte del pensiero della destra, della sinistra e del mondo cattolico, non vede nella natura un senso morale ma solo un complesso di leggi, sempre in discussione per scoprirne nuove, la cui decodificazione è finalizzata all'utilità materiale. La natura intesa così solo come materia prima erisorsa per lo sviluppo economico è oggetto di trasformazione per un uso strumentale più o meno breve e la sua destinazione ultima è quella di rifiuto. L'Ecologist italiano si colloca nel percorso di riscoperta dell'etica tradizionale, terreno comune fra tutti i popoli del mondo, per cui il bene compiuto nel microcosmo ha importanti riflessi nel macrocosmo e aiuta a rispondere alle grandi domande dell'anima umana. Questo primo volume monografico affronta un tema, quello del cambiamento climatico, che insieme è apoteosi e crisi della scienza. Le grandi emissioni artificiali di gas serra sono state rese possibili dalle scoperte scientifico tecnologiche che hanno portato molto benessere in una minoranza di paesi. La crisi climatica che ne deriva, per essere valutata nella sua gravità globale, ha bisogno di analisi scientifiche che sfuggono al buon senso. Eppure questo peso della scienza si riduce a ben poco quando si tratta di motivare e avviare le soluzioni, tutte fondate su decisioni umane e sulle virtù tradizionali che sole le possono animare.
L'Ecologist, pur essendo laico, crede nella libertà per tutti di professare apertamente la propria fede nella comune identità di appartenenti e custodi della Terra. Questa appartenenza, davanti alla crisi ecologica in atto, può anche ispirare il superamento dei conflitti religiosi con una sfida etica alla fraternità e alla venerazione della terra. Mai l'umanità è rimasta ferma, il bisogno di tornare alla purezza originale ci ha sempre tenuti in movimento, ma un miglioramento delle condizioni di vita nel rispetto della creazione è altra cosa da un progresso sostitutivo di ogni natura e fede che ha prodotto miseria da una parte e degrado per ingiusta ricchezza dall'altra. L'Italia, negli anni 1950 e '60, poteva prendere un'altra strada rispetto a quella del consumismo e dello spreco che adesso la caratterizza e che ha devastato l'unità delle famiglie, la salute pubblica, le campagne, le città, i mestieri tradizionali di custodia della Terra e di trasformazione dei suoi prodotti. Ma oggi, se saprà cambiare strada prima di altri, impegnandosi in quella autonomia alimentare ed energetica che è stata tabù per così tanto tempo, potrà svolgere il suo specifico compito storico di mediatrice fra i popoli. Un'economia che distrugge la natura e produce miseria non ha nulla a che vedere con la civiltà, anche se viaggia in auto sportive e aerei supersonici, ma è pura barbarie.
L'uomo moderno, anche con l'automobile, continua ad avere due gambe come l'uomo di sempre e in questo mai cambierà; l'invito a riconsiderare il passato ha lo scopo di migliorare la civiltà, rifondandola surealtà umane perenni che riducano le ingiustizie e facciano emergere uncompito storico degno dei sacrifici di questa e delle prossime generazioni.Tale compito consiste nel trasformare la società occidentale da cancrodella terra a custode della moltiplicazione delle forme di vita. Questo compito straordinario, eticamente radicato, è parte non secondaria di ogni religiosità. L'incoerenza italiana tra proclami ecologici e pratiche di vita devastanti è una regressione spirituale e civile che può e deve essere superata.
Certo questo primo libro contiene molte profezie di sventura, del resto non fu la profezia di sventura di Giona a convertire la città di Ninive? Al di là delle tinte fosche esistono anche dei forti segni di un'opera possibile, di un cambiamento di pensiero e azione alla portata di tutti:nell'economia, nella politica, nella vita familiare e personale. Contribuirea quest'opera costruttiva è scopo specifico dell'Ecologist italiano.
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