Nella visione buddhista, l’esistenza della sofferenza non è una caratteristica necessaria del mondo, né la conseguenza di un fatto specifico del passato (come, ad esempio, la caduta di Adamo), ma è dovuta piuttosto a un errore intellettuale che travisa il modo in cui le cose esistono.
La sofferenza è prodotta da una visione errata del mondo, talmente inerente al nostro modo abituale di pensare che non siamo più consapevoli della sua natura prospettica.
Westerhoff prende le mosse da un’enciclopedia tibetana del XVIII secolo ed esplora in modo approfondito ciascuno dei dodici esempi di illusione da essa elencati:
Il testo, caratterizzato da un linguaggio chiaro e accessibile a un vasto pubblico, si avvale dei contributi di numerose discipline, tra cui la filosofia e le scienze cognitive, la storia della scienza, l’intelligenza artificiale, l’ottica, l’economia e la teoria letteraria, gettando luce sulla complessa relazione fra realtà, apparenza, percezione e inganno.