Il percorso di Krishnamurti e i temi del suo pensiero si inseriscono nella più ampia riflessione della modernità sul ruolo della religione e di Dio.
Questo libro si configura quindi come un tentativo di delineare quali risposte Krishnamurti abbia dato alla domanda che egli stesso pose molte volte: esiste qualcosa di sacro?
Josephine Ebner cerca in particolare di spiegare come il suo pensiero e la sua esperienza si siano evoluti negli anni, sottolineando le differenze tra il periodo giovanile - troppo spesso ignorato - e quello della maturità.
Ci muoveremo quindi tra due periodi diversi della sua vita, ma anche tra due dimensioni della sua opera: da una parte l’insegnamento e la riflessione pubblica sui temi della religione e di Dio e dall’altra la sua esperienza personale, il suo personale rapporto con il divino.
«Il sacro non ha attributi. Una pietra in un tempio, una immagine in una chiesa, un simbolo non sono sacri. L’uomo li chiama sacri, oggetti di culto da adorare per soddisfare complessi bisogni, timori e desideri. Questa sacralità' resta entro il campo del pensiero. Ma ce una sacralità che non appartiene al pensiero né a un sentimento suscitato dal pensiero. Come la bellezza, non può essere vista attraverso il suo opposto, poiché non ha opposti».