Il silenzio può essere davvero inquietante.
Spesso lo associamo alla solitudine, alla depressione, all'assenza di interazione con gli altri.
Può generare ansia, imbarazzo, equivoci, paure. Raramente lo associamo alla calma interiore, a un intimo benessere, all'ascolto e alla condivisione.
In effetti, il silenzio ci parla in molti modi diversi. Spesso è più efficace di tante parole e può aiutarci a stabilire con gli altri un contatto più coinvolgente e appagante, a volte è la pietra tombale di un legame. Certo, ci vuole pratica per distinguerne le voci e i messaggi.
Dobbiamo acquisire capacità di ascolto, di analisi e di comprensione dei propositi, delle aspettative e dei sentimenti tacitamente comunicati.
Vagliare stati d'animo, richieste implicite e intimi desideri di cui, spesso, non sono consapevoli neppure gli stessi depositari è un compito impervio, soprattutto in campo affettivo, contesto in cui fraintendimenti e incomprensioni possono arrecare danni incalcolabili.
Non tutti gli individui sperimentano un'esigenza ugualmente intensa di vicinanza e di intima partecipazione alla sfera affettiva altrui.
Alcuni sono portati a una dimensione esistenziale più solitaria: utilizzano il silenzio per entrare in contatto più profondo con se stessi, con il proprio mondo interiore.
Altri lo utilizzano come meccanismo di difesa, di fuga o di temporaneo blackout, quando si sentono incalzati da presenze e pressioni esterne.
Ma sempre di comunicazione si tratta: il silenzio esiste come assenza di suoni, ma non può esistere come assenza di comunicazione. Ascoltiamolo.