A una prima lettura, specie per chi venga da studi di filosofia analitica e abbia un approccio il più scientifico possibile nell'affrontare i problemi e gli pseudo problemi del pensiero, le pagine di Krishnamurti possono sembrare eccessivamente naïve.
Poche e troppo poco stringenti le argomentazioni, vaghi i concetti, apparentemente arbitrarie le conclusioni.
Da qui a voler chiudere in fretta uno dei suoi tanti libri, il passo è breve.
Eppure, se lette con il cuore aperto, da quelle stesse pagine emerge un'intelligenza unica e assolutamente originale capace di toccare profondamente il lettore.
Ignorato nella gran parte delle accademie filosofiche europee e non (per tacere di quelle italiane), e troppo spesso relegato dai librai sullo scaffale degli pseudo maestri della spiritualità orientale, Jiddu Krishnamurti esula da ogni categoria intellettuale per accostarsi in maniera unica a quella vasta e singolare disciplina che si suol chiamare "filosofia".
Indagare quanto di ciò che Krishnamurti ha detto possa essere filosoficamente rilevante è lo scopo di questo lavoro: Krishnamurti può essere considerato un filosofo piuttosto che un maestro spirituale per almeno un paio di buone ragioni: egli non credeva nei maestri né nella spiritualità; incontrava altri esseri umani non per insegnare ma per capire.