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« La vera magia di Sepúlveda risiedeva soprattutto nel racconto fatto a voce, nella complicità che si creava fra lui che apriva capitoli lontani della sua vita avventurosa e chi lo ascoltava. E qui sta la cifra unica del suo mestiere di narratore, nell’essere prima di tutto un grande affabulatore che si poteva permettere di colorare la realtà, ben sapendo che la letteratura e la vita senza ficción perdono valore e senso. […] Ecco, il Sepúlveda narratore nasce da questo incrocio fra il racconto ad alta voce, la scrittura del reale e il ricorso all’invenzione. Invenzione, spiegava, non vuol dire menzogna: la ficción è uno dei principali strumenti del narratore. Perché la realtà, per diventare narrazione, ha bisogno di quell’elemento in più senza il quale i fatti non parlano. Ma la narrazione, che nasce come pratica orale, per tradursi in pagina scritta deve trovare il modo per farsi letteratura: in uno stile semplice, diretto (per Sepúlveda un autore di riferimento era Hemingway), capace di conservare l’immediatezza della voce, senza eccedere in metafore e altre figure retoriche. Perché, e Sepúlveda lo ripeteva spesso, la semplicità parlata della sua prosa non era un frutto spontaneo, ma il risultato di un lavoro assiduo, insistito, esigente […], che sapeva appunto tradursi in arte della semplicità.»
Indice:
Il vecchio che leggeva romanzi d’amore
Il mondo alla fine del mondo
Un nome da torero
Diario di un killer sentimentale
L’ombra di quel che eravamo
La fine della storia
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