Nei brevi testi di Il signore d’oro, composti tra il 1984 e il 1986 e dedicati al suo analista junghiano, Vivian Lamarque racconta l’esperienza del transfert e tratteggia con sapienza non solo formale le scene di un amore profondo e proibito.
Lo sguardo conserva innocenza e stupore fanciulleschi, grazie a un uso linguistico che richiama volutamente quello infantile. Il candore, però, amplifica lo strazio dell’adulto, consapevole che “la realtà non c’era, era abdicata./ Splendidissima regnava la vita immaginata”.
La poesia di Vivian Lamarque è necessaria come un respiro, e la sua leggerezza e la particolare miscela espressiva sono davvero i tratti distintivi di un’identità, oltre che di uno stile. Il signore d’oro è stato pubblicato da Crocetti nel 1986.
Nella nota introduttiva di questa nuova edizione, Vivian Lamarque rivela che cosa è accaduto al suo amore per il “Dottor B.M.”.