A sei anni, in prima elementare, Aldo Nove decide che farà lo scrittore.
Anzi, “lo scrittore di quella cosa miracolosa che ho cominciato a divorare appena ho iniziato a collegare tra loro le lettere e a capirne le articolazioni: parlo della poesia”.
Nel 1989 esordisce, infatti, con un volume di versi, Tornando nel tuo sangue, curato da Milo De Angelis.
Qualche anno dopo, Nanni Balestrini gli dice: “Ma perché scrivi andando a capo? Scrivi tutto di seguito, così magari vendi”.
Un consiglio che Aldo Nove accetta: “L’ho applicato con Woobinda, la mia prima raccolta di prose”, tappa iniziale di un percorso narrativo di grande successo.
La poesia, però, “rimane la mia unica forma di disciplina, di laboratorio interiore e di prassi esistenziale”: è, dunque, una pratica di meditazione sul significato della vita, di là da ogni orizzonte pensabile.
Grazie alla scrittura sintatticamente e metricamente controllatissima e al continuo dialogo fra tradizione classica e contemporaneità, Aldo Nove crea una miscela sapiente di alto e basso, di oggetti e idee, in cui si dissolvono etichette, categorie e opposizioni, prive di senso in una realtà in continuo divenire.