Lo scienziato viaggiatore non si limita a contemplare il mondo a distanza, ma lo percorre in lungo e in largo, lo saggia, lo sperimenta con tutti i suoi sensi, lo manipola e a volte persino lo forza.
In questo senso il naturalista dev’essere disposto ad assumersi rischi che sono tutt’altro che connaturati alla pura attività intellettuale.
Non sorprende perciò vedere Darwin alle prese con tagliagole, caudillos sudamericani, stermini di indiani, furiose battute di caccia, montagne impervie, nubifragi e mareggiate, paesaggi inospitali, febbri tropicali, sommosse e insurrezioni militari, terremoti e vulcani, ogni tipo di violenza sugli animali e sugli umani, bellezze esotiche, tentativi più o meno velleitari di civilizzazione.
Questo è il pane quotidiano di un esploratore e questo è il mondo in cui il giovane Darwin, con il suo sguardo sempre sospeso tra lo stupore e l’incanto, si trovò precipitato senza farci per altro mai poi troppo caso.
Imperturbabile come un vero englishman, poteva perciò mescolarsi tra gli infidi gaucho argentini, girovagare per Tahiti o il Nuovo Galles con gli indigeni, senza mai perdere la sua sobria amabilità e l’aria stupefatta di chi sembra appena atterrato da un altro pianeta.