Come per tutti i libri troppo fortunati e troppo a lungo amati, anche per Cuore trent'anni fa arrivò la resa dei conti. Umberto Eco, con l'elogio di Franti (comparso sul "Caffè" nel 1962), vendicò finalmente le numerosissime infanzie che De Amicis aveva affogato nelle lacrime.
Così Cuore, divulgatissimo libro tutto da piangere, divenne libro senza lettori tutto da ridere. Oggi l'Italia va di nuovo vistosamente cambiando. Tra i molti misfatti che ogni giorno la modificano, rileggere Cuore sicuramente non è il peggiore.
Può servire a capire perche il libro continui ad essere vivo in rifacimenti ironici, criptocitazioni, rovesciamenti periodici.
Può servire a scoprire, dietro la volontà deamicisiana di "fare gli italiani", il ritratto onesto di un paese violento innanzitutto con i bambini, disunito, classista, miserabile.
Può servire a verificare come un classico del patetico se la cava oggi con l'Italia brutale dei "legaioli", delle borghesie illuminate finite nel buio delle gattabuie, dei socialismi solidali soprattutto nel rubacchiare, delle migrazioni extra comunitarie dalle Ande agIi Appennini.
Può servire infine a sfatare leggende: se la scuola odierna fa ribrezzo, basta leggere Cuore per capire che quella del passato esigeva uno stomaco di ferro.