Questo libro è anche un sasso scagliato contro quest'immagine angelica del bambino, che deve essere sempre innocente, felice, coi capelli biondi e il sorriso dolce, i piedini teneri e puri.
Il suo personaggio sarà una testa matta, coi capelli rossi, un bambino ombroso, infelice, cattivo, spione, invidioso, bugiardo, a un passo dal suicidio, persecutore di animaletti domestici, pieno di pidocchi, coi piedi inguardabili per la sporcizia.
E anche ubriacone precoce, lo vediamo mentre si scola la fiaschet-ta di acquavite del padre raccontando pure di averla usata per mandare via una mosca dall'orecchio.
Anche un po' lussurioso, Peldicarota, coi suoi tentativi di avances alla sua amichetta Mathilde, e autolesionista (l'episodio in cui spacca col pugno il vetro di una finestra per gelosia dell'istitutore che vuole più bene a Marseau che a lui è piuttosto forte).
Ancora: si dà un sacco di arie da padroncino con la cameriera, ogni tanto in famiglia se la gioca da saputello, e arriva perfino a causare il licenziamento della vecchia domestica Honorine.
Un figlio che frega i soldi alla madre, un piccolo sporcaccione che fa pipì a letto e cacca fra gli alari del caminetto, eccetera.
Insomma Renard mette in scena gli istinti dei bambini, i veri istinti che la letteratura fino a lui ha sempre tenuto nascosti.