Quando descrive la propria infelicità, quando con un gioco estenuante di anafore ci fa sprofondare in essa come in un cupo gorgo oppure ce ne svela fulmineamente l'atrocità con una frase scabra, Werther tace il fatto che la sua passione è appunto un desiderio disperato di infelicità, un desiderio di morte.
L'anelito preromantico verso l'infinito svela qui il suo volto distruttivo: dinanzi a esso i valori dell'esistenza impallidiscono assumendo la consistenza spettrale dei "sogni", mostrando la patetica vanità delle "figure variopinte", con cui il recluso decora i muri della sua prigione.