La guerra ha cessato di essere unʼattività di lusso, un complemento della diplomazia, apparendo sempre più come il parossismo dellʼintera esistenza nazionale.
Quasi tutto la prepara, quasi tutto le è subordinato. A cosa è permesso esistere allʼinfuori di essa?
Non certo agli uomini, e nemmeno ai beni.
La guerra non si limita più a parassitare la società civile, ma tende ad assorbirla interamente.
Una nuova fase si compie oggi: quella del passaggio dalla democrazia liberale alla democrazia totalitaria. Inizialmente regolata dall'onore e dalla gloria proprie di una casta guerriera, la guerra diventa, con l'apparizione dello Stato moderno e della democrazia, il fondamento e l'intensità massima della vita di una nazione.
Per Caillois, la guerra assolve così, nelle società democratiche, le funzioni un tempo svolte dalla festa, esercitando la fascinazione propria all'unica manifestazione del sacro ormai concessa al mondo contemporaneo.
Scritto negli anni successivi al secondo conflitto mondiale, "La vertigine della guerra" non si limita a indagare la mobilitazione totale perpetrata dai regimi del Novecento, giungendo invece a mostrare come ogni democrazia reca con sé, proprio nel suo rapporto con la guerra, il principio comune a ogni deriva totalitaria.