Annie Le Brun sostiene in questo lavoro la sua personale rivolta contro la mercificazione della sensibilità, l’ultima arma che ci è rimasta per non soccombere all’isolamento dell’identico e del cinismo dominante.
La globalizzazione economica è anche uniformità del pensiero e della vita, dove il linguaggio tecnologico sta sostituendosi alla poesia e al sogno nel tentativo di rendere mute sensazioni, emozioni e percezioni uniche in ognuno di noi.
L’eguaglianza diventa indistinzione e omologazione, il sospetto subentra all’intuizione, la razionalità diviene incoerenza, l’individualità si trasforma in identità.
«Come credere sulla parola ad una società che non ne ha alcuna» è una delle domande che l’autrice pone nel testo, affrontando questioni sempre “scomode” come quella della responsabilità di artisti e intellettuali ormai «sovvenzionati» e complici di questo processo che cospira contro la libertà.
L’eccesso di realtà sfida la contemporaneità attraverso una critica radicale che intreccia filosofia, arte, poesia, antropologia e politica. Senza malinconia e senza alcun intento agiografico, Breton, Jarry, Baudelaire, Verlaine, Rimbaud, De Sade, Marcuse si susseguono nelle pagine di un libro scritto superbamente, con linguaggio colto, sensuale e tagliente allo stesso tempo.