La società industriale si è espansa e i suoi squilibri cronici sono diventati planetari. Siamo entrati in un tempo buio caratterizzato dal fatto che le più grandi aziende progettano sé stesse a misura del mondo. Si vogliono globali.
E l’economia liberale, di cui esse sono espressione, continua a propugnare un’idea di crescita e sviluppo autocentrata, le cui devastanti conseguenze, rispetto agli umani e al loro ambiente, sono sotto gli occhi di tutti.
Di fronte a questo scenario e in rotta di collisione con le sue prospettive insostenibili, sindacati dei lavoratori, associazioni di consumatori o per il rispetto dei diritti umani e dell’ambiente, importanti organismi internazionali, hanno cominciato a porre una nuova domanda: è accettabile che le imprese globali, prime attrici di questo processo, continuino a considerarsi responsabili soltanto di fronte ai propri azionisti?
Questo libro, costruito a partire dalle voci narranti di lavoratrici e lavoratori della grande distribuzione organizzata, passa in rassegna ciò che Carrefour, Auchan e Ipercoop dicono e fanno al riguardo della Responsabilità Sociale d’impresa. E mostra l’ambiguità degli approcci etici in assenza di precisi vincoli giuridici e d’istituzioni di diritto capaci d’imporre alle aziende regole chiare.