Lo studio della mente e dei fenomeni di coscienza costituisce da oltre un secolo uno dei campi di interesse della scienza e della filosofia.
Nei primi decenni successivi al secondo dopoguerra, lo studio della coscienza nei suoi termini più introspettivi era considerato pratica vaga ed elusiva, materiale da filosofi, più che da scienziati.
La ripresa dell’interesse scientifico per tutto ciò che può essere compreso sotto il termine di “stati di coscienza” ha coinciso, da un lato, con l’impiego di nuove tecniche di osservazione e sperimentazione dell’ambito neuroscientifico, dall’altro, con il fecondo dialogo e lo studio di alcune pratiche meditative provenienti da tradizioni dell’Asia centrale e orientale.
Parallelamente, pratiche di meditazione legate alla consapevolezza sono state sempre più inserite in programmi psicoterapeutici per i loro comprovati benefici.
In tempi recenti ci si è resi conto di come uno stato mentale possa avere un correlato somatico, in particolare nervoso: può coincidere infatti con differente qualità e quantità del rilascio neurotrasmettitoriale, con la modificazione delle connessioni sinaptiche tra neuroni, o incidere nella replicazione del DNA.
Questa prospettiva, che sottolinea l’intima connessione tra le proprietà emergenti e le loro basi fisiche, permette di descrivere in modo nuovo il darsi della coscienza e della cognizione, superando la concezione dualistica che oppone rigidamente il corpo e la mente.