Una Cenerentola che ama servire e farsi battere dalle sorelle; il principe che all'improvviso s'innamora della matrigna di Biancaneve, la quale però gli preferisce il ben più prestante cacciatore («val quanto diecimila principi»); Rosaspina che respinge il principe azzurro, reo di avere destato lei e gli abitanti del castello dalla beatitudine del sonno.
Nei «piccoli drammi» in versi, provocatori rifacimenti – ma sarebbe forse più giusto parlare di sabotaggi – di fiabe dei Grimm, l'invenzione linguistica e l'ironia di Walser toccano uno dei loro vertici.
E se la forma metrica ne mostra la natura di compiaciuto, finissimo divertimento letterario, non si può non cogliere nei personaggi, come osservava Benjamin, gli inconfondibili tratti walseriani:
«Sono personaggi che hanno dietro di sé la follia, e per questo rimangono di una superficialità così lacerante, così completamente inumana, così impassibile. Se volessimo descrivere con una parola quello che essi hanno di felice e di perturbante, potremmo dire che sono tutti ‘guariti’.
Ma il processo di questa guarigione ci resta oscuro, a meno di non cimentarsi con la sua Biancaneve – una delle figure più profonde della poesia moderna –, che da sola basterebbe a spiegare come mai questo poeta, all’apparenza il più scanzonato di tutti, sia stato uno degli autori prediletti dell’inesorabile Franz Kafka».