"Con il 'De amore' di Andrea Cappellano è come se un nuovo patto venisse stipulato fra l'uomo e la donna.
Dalla decadenza del peccato originale, di cui ultime e vistose tracce sono facilmente reperibili nella coeva letteratura misogina, si passa ad un nuovo genere di rapporto dominato dalla figura enigmatica e «tirannica» di Amore.
Le responsabilità della vita morale scendono, in un certo qual senso, dal cielo alla terra, e l'uomo riscopre le radici del bene nel suo rapporto solitario con la donna.
L'operazione non poteva non comportare rischi, e non solo per ciò che riguarda l'aspetto materiale delle sanzioni secolari.
L'opinione pubblica infatti non era ancora matura per un tale ribaltamento dei valori comunemente accettati, ed era quindi necessario che l'amore profano portasse in sé tutte le stigmate e i segni di riconoscimento dell'amore sacro.