Tutto quello che la gente sa sul caso Moro si basa su una «verità accettabile».
La ricostruzione dei fatti sulla strage efferata della sua scorta in via Fani, la lunga prigionia dello statista democristiano e la sua sconvolgente morte, è frutto di un compromesso volto a formulare una «verità» sia per gli apparati dello Stato italiano, sia per gli stessi brigatisti.
Tutto questo provocò un processo di rielaborazione, molto tortuoso ed ex post (durato oltre dieci anni, da quel tragico 1978 al 1990), su che cosa era veramente accaduto durante l’«Operazione Fritz», il nome in codice dell’«operazione Moro».
E ancora oggi, a ben guardare, noi non sappiamo tutta la verità sulla morte di Aldo Moro. Le verità emerse dalla nuova Commissione d’inchiesta Moro 2 sono sconcertanti.
Quattro anni di lavoro, migliaia di documenti desecretati degli archivi dei servizi segreti italiani, centinaia di nuove testimonianze, nuove prove della Polizia scientifica e dei RIS dei Carabinieri hanno rivelato molti nuovi e sorprendenti elementi.
Qualche esempio.
- • Moro guardò negli occhi chi gli sparava, non morì sul colpo, ma in modo atroce, dopo una lenta agonia.
- • Il suo carceriere trovò rifugio da latitante in una palazzina dello IOR, la banca vaticana.
- • L’omicidio ben difficilmente è potuto avvenire nel box di via Montalcini 8, così com’era nel 1978.
- • Almeno 2 terroristi della Rote Armee Fraktion potevano essere in via Fani.
- • Fu un imprenditore israeliano che fornì i 10 miliardi del riscatto consegnati a Paolo VI.
- • Le fazioni palestinesi giocarono un pesante ruolo nella trattativa. Durante il sequestro passarono alle BR documenti top secret della NATO.
- • Infine emerge uno scenario internazionale del delitto che i brigatisti hanno sempre negato.
Purtroppo anche in molte recenti rievocazioni in occasione dei quarant’anni del rapimento è stata riproposta la vecchia narrativa, messa a punto come un abito su misura.
Allora, la sola «verità» dicibile, ma oggi del tutto insoddisfacente