Alessandro Leogrande è stato un grande intellettuale del nostro tempo. Ha scritto per lottare contro le frontiere e i naufragi, il caporalato e l’ignoranza, la malafede e le ingiustizie.
Questo volume raccoglie tutto il lavoro che ha dedicato a Taranto, la sua città.
Una città perfetta, come l’ha definita Pasolini nel 1959. Taranto nuova, Taranto vecchia e intorno i due mari.
“Il centro siderurgico costò quasi quattrocento miliardi di lire. Finì con l’occupare prima 600 e poi 1500 ettari di superficie, per un’estensione pari al doppio dell’intera città. Da quel momento in poi fu la città a crescere e modellarsi intorno alla fabbrica.
Furono i tempi e i ritmi della fabbrica a scandire i tempi e i ritmi del tessuto urbano.” Una città che oggi è anche il dormitorio degli operai dell’Ilva, la cattedrale nel deserto che fa dei suoi lavoratori le cavie di nuovi rapporti di lavoro, nei quali la frattura sociale si allarga, mentre i diritti sono sempre più difficili da difendere.
“Che la fabbrica resti al suo posto o venga chiusa,” ha scritto Leogrande, “che venga svenduta a una cordata italiana o a qualche multinazionale asiatica in ascesa, Taranto deve comunque uscire dalla ‘monocultura siderurgica’ che nell’ultimo mezzo secolo non ha fatto altro che alimentarsi dalle sue stesse viscere.”