“Nella vita bisogna fare una scelta. Lo so che questo non è il mio paese, ma c’è la libertà da difendere e se nessuno ci prova le cose non cambieranno mai”.
Libero Giancarlo Castiglia emigrò in Brasile dalla Calabria a metà degli anni ’50. Dopo un’esperienza come metalmeccanico a Rio De Janeiro, iniziò a collaborare con la redazione del giornale comunista “A Classe Operaria”.
Anni difficili, quelli della dittatura militare che depose con la forza il governo del trabalhista João Goulart: il nuovo governo proibì gli scioperi e nel 1965 mise fuori legge le forze politiche avversarie.
Castiglia poteva tornare in Italia, ma decise di lottare.
Dopo una fase di addestramento in Cina, conosciuto come “Joca”, si mise al comando di un distaccamento della guerriglia rurale in Amazzonia: in soli 69 contro migliaia di soldati. Dopo anni di epiche battaglie Joca e i suoi vennero sconfitti fra il 1973 e il 1974, e sparirono nel nulla a seguito di un imponente rastrellamento.
All’inizio del nuovo millennio, però, in una fossa comune vicina al grande fiume Araguaia, viene ritrovato uno scheletro con le mani mozzate: il governo brasiliano ritiene possano essere i resti dell’italiano e organizza una spedizione in Calabria alla ricerca del suo dna.
Ma da quel giorno di speranza ritorna il silenzio, nessuno in tutti questi anni ha mai voluto dare alla sua famiglia quello che gli spetta di diritto: il corpo del proprio caro insieme alla verità sulla sua morte.
Una storia, sconosciuta ai più, che ricorda per alcuni tratti l’epopea del “Che”, e su cui il giornalista Alfredo Sprovieri ha deciso di fare chiarezza. Introdotto da Goffredo Fofi, il libro racconta le città e le foreste in cui il Plan Condor inghiottì la meglio gioventù sudamericana.
Le due parti del saggio sono precedute e seguite da due brevi incursioni di inchiesta vera e propria che ci riportano al tempo presente e rivelano inediti retroscena sulla vicenda.