Non c’è manifestazione umana che non sia permeata di simboli, indipendentemente dalle specifiche e incontestabili definizioni che la semiotica fornisca.
Ogni scienza esatta o inesatta, ogni pensiero espresso, ogni testimonianza che l’uomo lascia di sé, ogni idea che voglia comunicare hanno un impianto simbolico capace di far scattare una sorta di cortocircuito fra chi osserva il simbolo e la realtà o il concetto a cui rinvia.
Non esistono mediazioni fra l’uomo e il simbolo, il colloquio è diretto e diretta è la presa di contatto con l’“oltre” di cui il simbolo è ponte. Questo però rende impossibile l’univocità di interpretazione.
Nessuna immagine simbolica potrà mai completamente essere intesa allo stesso modo da due persone diverse, nessun albero della foresta guarderà mai con la stessa espressione due diversi passanti.
Non sarebbe allora il caso di tentare almeno l’impresa, peraltro praticamente impossibile, di eliminare i simboli?
L’abbattimento di una foresta simbolica non avrebbe alcuna conseguenza sul surriscaldamento della terra e una volta trasformata l’Amazzonia in Sahara l’uomo avrebbe visuale totalmente libera.
Ma per guardare cosa?