È nella convinzione di Jung che la psiche dell’uomo e la vita in generale si organizzino secondo linee strutturali impalpabili, che ne costituiscono l’immateriale intelaiatura. Invisibili linee di forza determinano la forma che assume un cristallo o la disposizione dei corpi in un campo magnetico; analoghe linee di forza prefigurano i modi di percepire, intendere e reagire dell’individuo.
Jung chiama archetipi queste linee strutturanti a carattere generale, che supportano il configurarsi della realtà. Il concetto di archetipo costituisce uno degli elementi più originali e controversi della metapsicologia junghiana.
La critica epistemologica è serrata e talvolta giunge a sconfessarne l’esistenza.
Un’altra parte della psicologia analitica, invece, ne riafferma la validità e recupera all’intuizione di Jung il supporto di acquisizioni provenienti da distretti diversi dell’indagine scientifica.
Questo volume offre una prospettiva ad ampio spettro della concezione di archetipo. Analisti junghiani tra i più impegnati in questo settore delineano la sua evoluzione nel pensiero di Jung e in quello a lui posteriore.
Specialisti di discipline parallele illustrano come molti ambiti del sapere assumano concezioni convergenti con quella di archetipo, dilatando le intuizioni di Jung e confermandone il valore.
Analisti impegnati nella clinica mostrano che l’archetipo conferisce una caratura specifica all’analisi junghiana. Consente ed esige un approccio singolare alla vita psichica, un’attenzione alla dinamica delle immagini, un’apertura alle dimensioni sovrapersonali della psiche, uno sguardo rivolto alla realtà ultima delle cose.