L’Utopia di Thomas More rappresenta a pieno titolo il prototipo moderno della letteratura utopistica e visionaria. Suddiviso in due parti, il libro è incentrato sul dialogo di More con Raffaele Itlodeo (“il chiacchierone”). Questi, gran viaggiatore, esordisce con la descrizione a tinte vive dell’Inghilterra dell’epoca. Il fenomeno delle recinzioni, dell’espropriazione delle terre comuni a opera della nobiltà terriera, aveva condotto sul lastrico vaste componenti della società inglese, soprattutto i contadini.
Da lì l’aumento vertiginoso della criminalità, dei reati e dei furti. Ma è nella seconda parte che Itlodeo espone la sua ricetta per ovviare al malgoverno appena descritto: la repubblica di Utopia, una società in cui è abolita la proprietà privata e dove l’uso dei beni è concesso solo in base ai bisogni. Abolendo la proprietà privata viene annullata la ragione prima del furto, dando vita pertanto a una società molto meno violenta.
È altresì abolito l’uso del denaro, perché le cose sono soppesate solo in base al loro valore d’uso e non per il loro valore di scambio. In una nuova traduzione, il libro che ispira in modo decisivo tutta la letteratura utopistica della nostra modernità, da Campanella a Rousseau, da Cabanis a Fourier, da Owen a Marx.