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Il 17 febbraio 1600 Giordano Bruno viene bruciato vivo sulla pira dell’Inquisizione in Campo de’ Fiori. All’indomani delle guerre di religione francesi tra cattolici e protestanti, impegnata a sostenere l’imponente trasformazione della Controriforma, la Chiesa di Roma non perdona al Nolano la sua insubordinazione. Domenicano di formazione, quando rompe con l’ordine lascia l’Italia e si dà a un avventuroso pellegrinaggio da esule. A Ginevra si oppone ai calvinisti che lo scomunicano. A Parigi seduce con l’arte della memoria Enrico III e ne conquista la protezione. In Inghilterra scandalizza sia i dottori di Oxford che i puritani. Una terza scomunica arriva dai luterani tedeschi.
Irriducibile per la sua epoca, Bruno segna una svolta nella storia del pensiero occidentale e si impone come uno dei più importanti filosofi del XVI secolo. Questo “cavaliere errante del sapere” assimilò Aristotele, che criticava, San Tommaso, Cusano, Marsilio Ficino e li integrò in una visione cosmica in cui, a partire da Copernico, ipotizza l’esistenza di un universo infinito, popolato da innumerevoli mondi, in sorprendente analogia con le più recenti teorie cosmologiche. Non meno paradossale fu in campo teologico: predica la decristianizzazione pur sostenendo il potere e gli interessi della Chiesa cattolica. Antiumanista, insorge contro i grammatici e le loro presunte verità. Si fa pittore e poeta. Dalla matematica alla magia, passando dalla scoperta dell’America, rimette in discussione tutto ciò che sembra già acquisito.
Bertrand Levergeois abbatte i luoghi comuni su Giordano Bruno, restituendoci la contemporaneità del suo pensiero e la sua singolarità di “filosofo pronto a morire per le sue idee”.
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