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La Bibbia non è nata già fatta. Né l'Antico né il Nuovo Testamento hanno avuto una storia anche solo vagamente lineare. In effetti, tutta la vicenda di come la Bibbia è giunta a essere il testo che noi oggi conosciamo fissato nel canone ebraico e in quello cristiano è molto più affascinante di quanto ci si potrebbe aspettare.
Quella che narra Michael Satlow, con stile felice e accattivante, è dunque la storia altamente romanzesca di un certo numero di testi, scritti in periodi storici differenti, da persone differenti, in lingue differenti e per scopi differenti, che per una serie di contingenze storiche alla fine sono diventati il primo libro dell'umanità.
In maniera inaspettata e unica, questi testi dopo secoli di dibattiti e di intricate vicende, e dopo essere rimasti dormienti e impolverati negli archivi di un tempio periferico del Medio Oriente, sono stati infine riconosciuti come vera «parola di Dio» da ebrei e cristiani.
Ma questo è avvenuto solo molto tempo dopo: almeno mille anni dopo le prime composizioni. I protagonisti di questa epopea sono molti e spesso oscuri e anonimi; ci sono gli scribi, i traduttori, gli stranieri e le guerre, i sacerdoti, i re e i profeti, i babilonesi, gli assiri, gli egizi, i greci e i romani. Finché, per motivi sostanzialmente politici, il partito dei sadducei decise di dare alle parole rinvenute nel Tempio di Gerusalemme un valore di legge, coinvolgendo in questo anche il neonato movimento cristiano, fino ad allora pressoché inconsapevole dell esistenza delle Scritture. È questa, nel racconto di Satlow, levoluzione dei testi che ebrei e cristiani avrebbero in seguito considerato «sacri»: una sintesi solidamente argomentata e singolarmente godibile di lontani avvenimenti storici e una finestra aperta sull'origine di due fedi di enorme rilievo per la storia dell'umanità.
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