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Mai come ora il mondo è stato così instabile e fragile nella sua “materialità”. Per quanto si cerchi di farlo durare, appare sempre più realistico che non potrà resistere tanto a lungo. Le molte cose a cui ci aggrappiamo sembrano sempre più effimere, il tempo utilizzato nello sforzo di realizzare sogni e speranze appare sprecato e il disincanto accompagna i continui tentativi tesi a dare concretezza a qualcosa di oltremodo volubile, di “mercuriale”.
Come dice Osho: «Noi cerchiamo di fermare ciò che per sua natura non può fermarsi, cerchiamo di trattenere ciò che deve continuare a fluire, ciò che deve necessariamente continuare a muoversi, perché il movimento costituisce la sua natura intrinseca. Stiamo cercando di afferrare qualcosa che per sua natura non può essere afferrato; inseguiamo il mondo come chi cerca di prendere in mano il mercurio, che invece si diffonde ovunque».
Da questa comprensione iniziale Osho suggerisce un viaggio che è interiore, qualcosa che accade, via via che si procede nella lettura, quasi il testo fosse un sentiero propedeutico che porta a raggiungere le proprie radici interiori e ad attivare quella fonte di energia vitale che ci unisce all’esistenza, alla sorgente esistenziale che si trova proprio dentro di noi, purtroppo oltremodo ignorata e disattesa. E al tempo stesso apre anche a cognizioni che permettono di alzare gli occhi verso l’alto e che aiutano il seme della nostra consapevolezza a fiorire.
Ma non è una fuga dalla realtà, quella che Osho consiglia, anzi, è lui stesso a chiarire: «Un’intensa esperienza del mondo è parte essenziale della ricerca del divino: il mondo non è il contrario del divino, bensì lo scenario della sua ricerca; se comprendi questa verità, la tua prospettiva cambierà drasticamente!
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