Piano piano, alla fine, lo hanno comprato quasi 80 mila persone (no, purtroppo no, non sono diventata ricca). Se questo è successo, è certo perché si sono riconosciute, riconosciuti nel desiderio di riaffermare la differenza tra maschio e femmina, contro la propaganda dell’ideologia di genere.
C’è una schiera di donne che ha ricevuto la libertà in eredità sin dalla nascita, donne risolte e pacificate, che non deve rivendicare nulla, che non grida in piazza perché questa libertà non è più in pericolo (e a volte non sa neanche molto delle battaglie grazie alle quali può studiare, votare, lavorare: sono cose che dà per acquisite), e che anzi desidera fare spazio nella propria vita, che sa mettersi in relazione e metterci gli altri, mediando, smussando, accogliendo. Una schiera di donne che non si preoccupa tanto, direi per niente, delle quote rosa, di strappare un posto in un consiglio di amministrazione. Sono tantissime, sono quelle che incontro tutti i giorni davanti alle scuole dei miei figli, sono quelle che mi scrivono, che non trovano cittadinanza sui giornali. Sono quelle che sanno fare spazio, proprio perché sanno di non essere uguali all’uomo, né vogliono esserlo. Sono quelle che a volte amano anche il proprio lavoro, ma a un certo punto, alle cinque del pomeriggio di un giorno di sole, guardano fuori dalla finestra dell’ufficio e capiscono che preferirebbero essere a casa a preparare la merenda ai loro bambini. E magari per alcune è persino difficile ammetterlo, perché loro invece sono cresciute con l’imperativo di realizzarsi, trovare se stesse, dedicarsi del tempo, e i bambini non li hanno neanche fatti.
Ci sono anche tanti uomini che quando incontrano donne così belle desiderano davvero dare la vita per loro, fare sul serio, essere veri uomini appunto.
Anche se ogni tanto vorrei sentirmi una scrittrice, so bene che non è per la mia prosa che tante persone hanno sentito l’urgenza di invitare gli amici a comprare questo libro (io veramente la musa della letteratura l’avrei anche cercata, ma si vede che era in ferie; d’altra parte io non ho “una stanza tutta per me”, come raccomanda Virgina Woolf a ogni donna che voglia scrivere, ma solo un tavolino a cui mi siedo di notte, di giorno ingombro di fumetti di Calvin e Hobbes, cani di plastica e diari segreti di peluche rosa con lucchetti). Insomma, niente stanza, niente musa, ma evidentemente per una fortuita serie di eventi mi sono trovata a dare voce a tutte queste donne che non hanno paura di perdere terreno se fanno spazio a un uomo, che lo scelgono per sempre, così com’è, senza volerlo rendere più simile a sé, anzi, lo vogliono proprio perché irreparabilmente diverso (capace, per esempio, di leggere la storia dipanando fili misteriosi di complotti sovranazionali, ma disabile alla memorizzazione di vicende esistenzial-sentimentali che non riguardino fondi monetari o mercati energetici, ma solo cugine di secondo grado della moglie. “Caro, sai quello che ti ho detto ieri di Elisabetta?” “Elisabetta chi?”).
Costanza Miriano