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La fede nella competizione riveste un ruolo fondamentale nel sistema di valori e nel modello antropologico oggi dominanti. Insieme a sfida, merito, valutazione, selezione, funziona come un importante tassello all’interno di un progetto politico e pedagogico in apparenza indiscutibile. Sembra impossibile sottrarsi agli imperativi agonistici, nonostante un disagio crescente ne sia il rovescio. Questo saggio cerca di indagare le radici del fascino con cui il paradigma competitivo ci cattura, di portarne alla luce le stratificazioni eterogenee, di ricostruirne una genealogia filosofica oltre che economica. L’analisi non è neutra: suggerisce uno spostamento, una sospensione della competizione come necessaria correzione di rotta per il nostro modo di pensare e di vivere. Un esercizio etico volto a disegnare spazi di esperienza e pratiche sociali diverse dalle gare, ma anche a riconoscere quelle già esistenti.
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