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Nel tentativo di buttarsi alle spalle il lutto della perdita del figlio, Augusta lascia madre e nonna per seguire un'amica della madre, missionaria in Amazzonia. Per un po' di tempo e a bordo di un barcone, Augusta rimarrà al fianco di suor Franca nella sua attività di evangelizzazione degli indios, fino a quando non sentirà di essere solo "una piccola donna complicata al cospetto di professionisti della spiritualità" e deciderà di proseguire il suo viaggio sulla via della "terra". In una favela di Manaus piena di gente e di problemi, Augusta riscoprirà il senso di una vita in cui, a dispetto della miseria materiale circostante, il sorriso è elargito con assoluta generosità, anche là dove non ricambiato. Una comunità fatta di cadenti palafitte e valori essenziali, dove è facile sentirsi a casa propria. Abbraccerà così il dolore di Augusta iniziandola a quel cammino di riabilitazione emotiva di cui è alla disperata ricerca. Il percorso di decentramento della persona va di pari passo con la capacità di allontanarsi dalla propria esperienza privata per perdersi nell'enormità di un mondo in cui acque, persone, storie si mescolano e si rimpiccioliscono fino a diventare un punto indistinto dell'universo. Attraverso il rapporto con la fede, in senso lato, e con la natura, in senso stretto, Augusta riesce a costruire una distanza tra sé e il dolore, ritrovando nella semplicità degli elementi umani e naturali lo spunto per vedere la propria vita da un'altra prospettiva.
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