Cosa accomuna il dittatore e l’isterico, il monarca e il folle, il sostenitore di un regime totalitario o di una moderna democrazia liberale e colui che si precipita al supermercato perché è stato colto dall’improvviso timore di rimanere a corto di carta igienica? Tutti questi casi presuppongono l’esistenza di un grande Altro, un ordine simbolico dal quale siamo interpellati, osservati, che registra le nostre colpe, i nostri autentici propositi, una finzione che è più reale della stessa realtà e in base alla quale assumiamo incarichi, progetti, stili di vita. E che, pertanto, non può essere abolita, pena la distruzione dell’universo simbolico del soggetto. In questo libro del 1989 (finora mai tradotto), che ha imposto Slavoj Žižek come uno dei più brillanti e profondi pensatori del nostro tempo, è indagata una specie particolare di finzione: l’illusione ideologica. Per fare questo, l’autore di In difesa delle cause perse e del monumentale Meno di niente, avvia un serrato confronto, tra gli altri, con Lacan, Freud, Marx e Hegel. L’oggetto sublime dell’ideologia è un’opera in cui pagine di notevole densità teorica si sposano perfettamente con lunghe digressioni sulla cultura di massa. Insomma, un’opera che dimostra come attività apparentemente banali (per esempio, trascorrere il proprio tempo davanti alla tv) possano essere elevate a oggetto (sublime) di un trattato filosofico.